Nel cuore della Val Formazza, in Alto Piemonte, nasce un panettone artigianale che racconta valori condivisi e natura incontaminata: è il lievitato natalizio che Matteo Sormani realizza in modo naturale nella sua Walser Schtuba a Riale a 1800 m, dove sorge il suo laboratorio che sforna massimo mille panettoni a stagione, prediligendo etica e qualità.
Che Matteo Sormani abbia la montagna nelle vene è qualcosa di evidente: dopo una parte della propria vita sugli sci a livello agonistico e, successivamente, come allenatore professionista di sci alpino, Matteo torna ai ritmi più naturali della montagna e, dopo un periodo di formazione gestionale e in cucina in ristoranti della zona, decide di avviare, insieme a sua sorella Francesca – con una formazione nel turismo, la Locanda Walser Schtuba nata nel 2003 sullo stesso terreno in cui, negli anni ’30, la loro zia gestiva un albergo, andato poi distrutto a causa di una valanga.
“È nata l’idea di costruire questa “casa”, che mio papà voleva chiamare Walser Schtuba, proprio per dare un senso di accoglienza e di un luogo in cui ci si sentisse veramente in pace con sé stessi”.
matteo sormani – walser schtuba
E la sensazione che arriva varcando la soglia è proprio questa.
Far sorgere Walser Schtuba in quello stesso punto, sarebbe potuta sembrare una decisione azzardata, ma dalla bella chiacchierata fatta insieme nella sua locanda dove oggi ci incontriamo, se c’è un tratto che mi pare tipicamente nelle corde di Matteo Sormani è proprio questo: poca casualità in tutte le scelte che compie ma, anzi, molta tenacia e meticolosità.
Le stesse che si ritrovano nel panettone artigianale che Matteo negli anni ha perfezionato attraverso ricerca, prove, tanta dedizione, attenzione minuziosa nei passaggi – tanto da fare la pirlatura con un tarocco in acciaio per non scaldare eccessivamente il burro con le mani – e selezione accurata degli ingredienti.
Nel nostro incontro Matteo sottolinea: «Nella scelta degli ingredienti prediligo, fin dove possibile, la filiera italiana, come per il burro. In generale ricerco prodotti che siano funzionali all’impasto, ma prima di tutto per me è importante che siano etici nel modo in cui vengono realizzati e nel benessere a 360°, da quello degli animali al nostro. Ad esempio, le uova che utilizzo arrivano dal Monviso perché, oltre ad essere un ottimo prodotto, lì ho trovato un produttore che eticamente la pensa come me».
Un lievitato, quindi, che non racconta il territorio attraverso gli ingredienti scelti: materie prime di Ossola e Verbano rientrano sicuramente nella sua cucina, ma in questo panettone ciò che assume un ruolo primario è la ricerca dell’ingrediente sia etico sia perfetto nel rendere l’impasto millimetricamente equilibrato.
Qualità e valori condivisi
Un panettone che narra però il territorio e la sua identità attraverso la perseveranza che solo la montagna, con le sue naturali, affascinanti bellezze e le sue intrinseche complessità, comporta. Un grande lievitato natalizio che esprime il lato caratteriale di Matteo che predilige qualità a quantità: la produzione annuale del suo panettone, infatti, si aggira intorno ai mille pezzi, mantenendo così il lievitato con lavorazione manuale e con l’artigianalità che lo contraddistingue.
Esiste un filo conduttore, tanto leggiadro quanto ben definito, che percorre e delinea la cucina di Matteo Sormani, il suo modo di fare impresa e ciò che trasmette ai clienti attraverso le sue creazioni: un forte rispetto per i propri valori e la propria etica, che devono essere condivisi dai fornitori a cui si affida. Questa profonda coerenza valoriale si sente in ogni assaggio.
A ciò si aggiunge la ricerca metodica, durata anni, del perfetto equilibrio tra consistenza avvolgente e digeribilità di un prodotto artigianale che richiede più giorni di lavorazione: un bilanciamento tanto immediato e lineare all’assaggio, quanto complesso nella sua realizzazione.
Cosa lo rende, quindi, un grande lievitato così profumato e legato a queste montagne? Quanto incidono aria e acqua nel risultato finale?
“Siamo a Riale, in un posto incontaminato, e questo significa molto”.
matteo sormani – walser schtuba
L’aria gioca un ruolo importante nell’imprimere ai canditi note profumate, intense e fruttate che sanno di queste vallate e della Sicilia da cui arrivano gli agrumi.
Dopo una prima lavorazione a gennaio e una “cottura” a freddo in abbattitore, a maggio, quando i prati si riempiono di fiori e l’aria di mille essenze, Matteo e la sua squadra candiscono gli agrumi all’aperto in un processo che, essendo per osmosi e a temperatura controllata, cattura i profumi di queste montagne che si racchiudono nei canditi, rendendoli unici nel loro genere. Anche la scelta di prediligere una canditura alla francese – dal processo più lungo rispetto a quella italiana, ma più delicato e meno stressante per le scorze –, permette di ottenere canditi molto carnosi e morbidi.
«I canditi per me devono essere come caramelle, come una sorta di gelée. È così che è nata la ricerca sui canditi anni fa e così che amiamo lavorare arance, limoni, mele e pere per le varie preparazioni». La morbidezza e l’intensità che sprigionano, infatti, sono decisamente uniche.
«Parlando di panettoni e di lievitati ho sempre dato molta importanza all’aria, ma anche all’acqua. Pur essendo leggermente dura, l’acqua qui è tendenzialmente dolce e mantiene così anche il lievito: con un’acqua adeguata, i batteri non hanno bisogno di sviluppare forte resistenza per sopravvivere e questo si traduce in un lievito più dolce». La sua pasta madre viva che lo accompagna da 14 anni, infatti, rilascia sentori presenti, amabili e avvolgenti in ogni lievitato, e denotano una grande attenzione ai dettagli.
Il lavoro di sottrazione del superfluo
Matteo Sormani va oltre: da amante del panettone, il suo intento è sempre stato quello di realizzare un prodotto da portare in tavola, condividere con amici e affetti e da finire, senza che una fetta torni nella confezione.
«Per arrivare a quel risultato, abbiamo lavorato a lungo per sottrazione su molti ingredienti». In primis, sulla scelta di avere un impasto di soli ingredienti naturali, senza conservanti o coadiuvanti: questo panettone, infatti, si conserva al meglio al freddo e in un luogo asciutto per mantenere il corretto equilibrio dell’impasto. Da qui ho ragionato sull’abitudine tradizionale di noi milanesi di conservare il panettone sotto l’albero in attesa di scartarlo il 25 dicembre, che forse dovrebbe farci interrogare sugli ingredienti di ciò che finora abbiamo messo in tavola a Natale.
Nel laboratorio di Matteo Sormani grande lavoro è stato fatto anche sugli zuccheri semplici che sono stati ridotti notevolmente. Ci sono voluti anni di prove e migliorie, tanto da far esclamare suo figlio all’ennesimo assaggio a colazione: «Papà, ancora panettone?!». Sì, ancora: perché Matteo che, come prima parola al panettone associa proprio “colazione” come il momento di condivisione più importante della giornata, ha continuato a perfezionare l’impasto fino ad arrivare, qualche anno fa, all’attuale versione.
Il panettone artigianale di montagna di Matteo Sormani incarna esattamente questa sensazione di sapori precisi e note burrose delicate, di dolcezza che arriva dall’arancia correttamente candita e vaniglia che costella l’impasto: un equilibrio così ben fatto che resta davvero impossibile lasciarne anche solo una fetta, proprio come Matteo desidera.
I panettoni sono in vendita sul sito www.locandawalser.it in più varianti: Panettone tradizionale, con arancia carnosa e vaniglia avvolgente; Panettone mele e fieno in polvere nell’impasto, dalle note che richiamano antichi barrique in rovere e si sposano alla perfezione con le mele; Panettone fragoline e cioccolato con una bottiglia di Gin Piodamara, da degustare a parte o irrorare sulla fetta di panettone, per valorizzare ogni sfumatura aromatica del distillato.
Il mio consiglio è però anche quello di fare una gita fuori porta e scoprire questo angolo incontaminato di Val Formazza, la cucina di Matteo Sormani e i suoi lievitati. E se vi va, di godervi anche una notte in una delle camere della Locanda, per svegliarvi la mattina successiva tra croissant con lievito madre appena sfornati e la vista che spazia sulle montagne e sulla vallata.
Grazie a Matteo Sormani di Walser Schtuba per la bella chiacchierata, per avermi raccontato i segreti del suo panettone e per avermi fatto conoscere meglio la montagna e la sua visione di cucina ad essa legata.