Nella signorile zona Risorgimento di Milano, tra palazzi talvolta appesantiti, Alex Leone e la sua squadra sono una sferzata rinvigorente.
Non ho ancora ben stabilito se per me il nome Mater si accosti più alla sensazione di casa, dell’essere accuditi, come da una mamma un po’ irriverente, o più al richiamo alla materia prima che qui viene ben esaltata, a partire dalla selezione degli ingredienti, passando per la lavorazione e le tecniche. Vero è che, da Mater, lo chef Alex Leone trasmette entrambe queste sensazioni.
Il bistrot, all’inizio di via Sottocorno, è accovacciato tra insegne storiche, con l’aria serena di chi è consapevole di distinguersi.
Luci soffuse alla sera, tavolini che occupano il giusto posto – non troppo vicini tra loro da impedire conversazioni, né troppo lontani da peccare in distacco e freddezza, una toilette divertente e irreverente. Vini e distillati in mostra, kombucha di propria produzione e qualche seduta a bancone, a tu per tu con una bella cucina a vista in cui le preparazioni danzano tra The Animals e The Contours che cantano in sala in sottofondo.
A tavola ciascuno è accolto da un libro, da curiosare, e un segnalibro al suo interno, con il QR code che porta al menu. E qui si inizia a giocare per davvero.
Interessante la possibilità di menu degustazione da 4, 5 o 6 portate; ma noi, al motto di “Il cibo è gioia, sentitevi liberi!” che campeggia sul menu, abbiamo scelto di divertirci a saltellare tra una pietanza e l’altra, condividendo assaggi e sperimentando di tutto un po’.
È così che cominciamo con un’ostrica one shot, la cui acqua viene sostituita dal grasso di pollo arrosto, con porro rinfrescante e con salsa sriracha per la nota piccante: un’onda profonda di mare, salinità, ricchezza, piccante freschezza.
I sapori si intensificano con le Bombette di Mora Romagnola Zavoli, con perle di Pecorino e salsa all’umeboshi fermentato. Questo classico pugliese viene reinterpretato, utilizzando il macinato di carne racchiuso nel grasso di maiale: cottura millimetrica, carne arrostita e ben caramellata fuori, teneramente rosata, più dolce e succosa dentro, che ben bilancia la nota aspra della salsa e la leggera sapidità del Pecorino. Inutile fingere di poter resistere ad affondare il pane di lievito madre in questa salsa: non vi crederebbe nessuno.
Ci si predispone mentalmente a qualcosa dal gusto più lineare e “noto” mentre attendiamo il Bao ripieno di tartare di fassona di Danilo Cazzamali con verdure e salsa senapata. Niente di più lontano dalla realtà: al primo morso il bao soffice e leggiadro racchiude una tartare esaltata da condimento, verdure croccanti e salsa, in cui l’agrodolce, la croccantezza e l’abbraccio avvolgente si mescolano quanto basta per volerne addentare ancora.
Arriva poi il Porro fondente, cotto, poi ripassato con fiamma viva, accompagnato da delicata besciamella al Parmigiano, polvere di limone bruciato e miele. Invitanti, divertenti, bilanciati ma decisi con la nota leggermente amara finale della polvere di limone che è proprio ciò che serve a resettare il palato e predisporlo ai piatti successivi. Ben ragionata, quindi, la successione delle pietanze e come ci vengono portate al tavolo.
Il Mezzo pacchero con bisque di granchio blu, salsa allo zenzero fermentato e polvere di arachidi è un’altra interessante avventura.
Il Risotto – dell’azienda agricola Matteo Boni, vicino Pavia – con shiitake e ribes fermentati, ragù di funghi e estratto di dragoncello dalla nota balsamica e fondo di funghi è un jazz in cui tutti gli elementi suonano stupendamente all’unisono, ma ciascuno proponendo, a rotazione, un assolo oltre le righe.
Ottima conclusione anche con il Cremoso al cioccolato bianco, con pere cotte nell’ibisco, crumble con mandorle e la nota unica data dalla polvere di ibisco.
La cucina di Mater Bistrot, di Alex Leone e della sua bella squadra, è materia, è sostanza, è tecnica, è fermentazione.
È contaminazione dal mondo, gusti decisi, marcati, accattivanti.
È assonanze e dissonanze che ben convivono.
È cura, è estro, è divertimento, è sorpresa, è sostenibilità e utilizzo pieno dell’ingrediente.
È viaggio, è mix potente di tanti stimoli al minuto pur senza sbandate.
È atteso e inatteso che saltellano a braccetto, come due bambini felici, e che, di tanto in tanto, si stuzzicano a rincorrersi e a contendersi la scena, sorprendendo il commensale appena al palato arriva l’ennesima sensazione inaspettata che fa sgranare gli occhi, pensare “Oh, wow”, sorridere e rituffarsi immediatamente nel gioco e nel godimento.