Originario dell’Asia Minore e introdotto nell’area del Mediterraneo dagli Arabi, oggi la coltivazione dello zafferano avviene anche in Val d’Ossola, dove Sandro Radesco di Zafferanossola a Crodo è stato uno dei precursori nel 2013 a occuparsi della produzione della pregiata spezia in queste vallate.
Diciamola tutta: da meneghina sono cresciuta a Risotto alla milanese e, per me, lo zafferano, da sempre, ha il profumo dell’energia frizzante di Milano.
Sono andata a Crodo a conoscere Sandro Radesco di Zafferanossola, che si è avventurato nel mondo della coltivazione dello zafferano più di dieci anni fa. Ne è emersa una bella chiacchierata su coltura, lavorazione, proprietà, modi migliori per conservarlo e consumarlo, per arrivare ai prodotti che, in collaborazione con altre realtà nel territorio, Sandro propone agli amanti di tutte le sfaccettature di questo ingrediente dalle origini millenarie.
Ciao Sandro, come nasce la tua realtà e com’è cominciata questa tua avventura?
«Ciao Elisa e ciao a lettori e lettrici. La mia realtà nasce nel 2013 e si chiama Zafferanossola, nome che nasce da un’idea di mia moglie di unire ingrediente e territorio. In un momento di transizione lavorativa ed essendo appassionato e curioso di questa coltivazione, all’epoca sono andato nelle Marche per seguire un corso sullo zafferano e sulla sua produzione: è così che ho cominciato ad apprendere le prime basi di questo universo»
“Dalle Marche sono tornato in Ossola con 600 cormi, oggi ne ho quasi 50.000. Di solito si dice che, una volta piantati i bulbi, il fatto che fioriscano è indicativo di un terreno adatto alla coltivazione dello zafferano.”
Sandro radesco – zafferanossola
Tutto così facile e lineare? Non proprio. Sandro racconta che, in quanto cormo – ossia bulbo tubero –, ciascun bulbo di zafferano possiede già al suo interno il bagaglio genetico per fiorire. Il fatto che il terreno sia adatto o meno è un’informazione che si può dare per assodata a partire almeno dal secondo anno.
Ma stabilito che l’Ossola avrebbe avuto buone potenzialità, dal secondo anno di fioritura Sandro comincia a gestire il terreno predisponendolo alla coltivazione a tutti gli effetti, ampliando costantemente lo spazio dedicato a questa produzione e raccogliendo fiori che, di per sé, non ricordano nemmeno vagamente le note aromatiche della spezia come la consociamo… per scoprire quando avviene quella magia, infatti, bisogna attendere qualche passaggio in più.
La coltivazione dello zafferano può essere annuale oppure, come nel caso di Sandro, pluriennale: i suoi cormi, infatti, vengono estratti dal terreno ogni quattro anni. La sua scelta si basa anche su una questione etica: avere una coltura di questo tipo permette a Sandro i notevoli vantaggi di fare una rotazione del campo ed evitarne l’impoverimento di nutrienti e materie necessarie a far prosperare lo zafferano, così come evitare concimi chimici o sostanze nocive, prediligendo una coltivazione biodinamica. Negli anni in cui un terreno a rotazione riposa, Sandro pratica dei sovesci a senape che, grazie alla sua innata nota caustica, “disinfetta” il terreno in modo naturale e lo nutre ulteriormente, preparandolo per la coltivazione successiva.
Quando si piantano i bulbi e dopo quanto si raccoglie lo zafferano? Ci sono fattori climatici che incidono particolarmente sulla fioritura?
Sandro ha valutato che, per le condizioni climatiche in cui si trova il suo zafferaneto, il momento migliore per piantare i bulbi è intorno a metà agosto. La fioritura avviene a partire dai primi di ottobre, a volte anche fine settembre, e prosegue fino a fine novembre, in annate eccezionali anche fino ai primi di dicembre.
«Il clima incide parecchio in termini di temperature perché, se le temperature non si abbassano a sufficienza o non c’è elevata escursione termica tra giorno e notte, il fiore fatica a emergere. Inoltre, è opportuno che il clima non sia troppo umido o con troppe piogge incessanti».
Passati i mesi della fioritura, il bulbo comincia a essere in fermento: da gennaio la madre viene assorbita e il cormo si scinde in diversi altri bulbi, della stessa dimensione o anche più grandi.
“Il bravo coltivatore di zafferano è colui che riesce a far crescere cormi che devono avere almeno 3 cm di diametro per poter dare fiori”.
sandro radesco – zafferanossola
A giugno, quando le foglie cominciano a ingiallire e il bulbo va in quiescenza, i cormi si estraggono dal terreno – nel caso di Sandro accade ogni quattro anni, avendo scelto la coltivazione pluriennale –, vengono selezionati e stoccati in attesa di essere nuovamente piantati dopo qualche mese, ad agosto, per far quindi ripartire il ciclo naturale della coltura.
Cosa accade una volta che si raccolgono i fiori?
«In quantità variabili, ogni giorno ci sono fiori da raccogliere. Appena finita la raccolta quotidiana, deve essere fatta la mondatura, per cui gli stimmi vengono staccati dal fiore, all’attaccatura dei pistilli, prendendo solo la parte rossa e tralasciando quella gialla che diminuirebbe la purezza, l’intensità e il valore dello zafferano. Più gli stimmi sono rossi, più lo zafferano è di alta qualità».
Come gestisci il procedimento dell’essiccatura?
«Uso un essiccatore ad aria, in acciaio, con cassetti in cui gli stimmi vengono lasciati a 40 gradi per un minimo di 1 ora fino a un massimo di 5 o anche 6 ore: dipende dal grado di umidità della giornata in cui ho raccolto i fiori e dal quantitativo degli stimmi raccolti».
Terminata l’essiccatura, lo zafferano viene conservato in barattoli di vetro al buio per almeno un mese: è ora che avviene la magia. Sì, perché fino a quel momento, lo zafferano non sa di zafferano come tutti noi lo conosciamo. In quel mese di riposo al buio gli stimmi, per processi chimici, rilasciano i tre prìncipi che caratterizzano l’oro rosso e lo rendono così riconoscibile e unico nel suo genere:
Safranale, l’olio essenziale volatile che dà il profumo allo zafferano; Crocina, la componente che dona il colore rosso intenso; Picrocrocina, fattore che ne denota la peculiarità di sapore e dona la nota delicatamente amara.
Note talmente precise e tratti così distintivi che richiedono anche il corretto utilizzo della spezia in cucina: per far sì che gli stimmi essiccati sprigionino tutta la loro intensità più inebriante, Sandro consiglia di far reidratare lo zafferano in acqua tiepida per almeno 6/7 ore prima del suo utilizzo nelle preparazioni. Preparazioni che possono essere molteplici: dalle ricette più classiche, alle tisane, a ingrediente principe di prodotti con cui Sandro propone il suo zafferano.
«Oltre a essere preparato direttamente da me in stimmi in confezioni di diverse grammature, da 0,1 a 1gr, in collaborazione con produttori del territorio, il mio zafferano è utilizzato come ingrediente di rilievo di diversi prodotti: con Apicoltura Ca dul Pin di Vogogna nel miele aromatizzato; con Pasticceria Valentino di Vogogna, in lingue di gatto allo zafferano e, a seconda della stagione, colomba e panettone; con La Fabbrica del Buongusto di Crevoladossola in una composta di pere e zafferano; con il liquorificio La Bottega del Morni di Gravellona in un liquore allo zafferano. Anche i petali dei fiori, che per me sarebbero uno scarto, vengono inclusi in un contesto di economia circolare e vengono utilizzati per realizzare saponette, in modo che nulla venga sprecato», racconta Sandro.
Da questo racconto e da alcuni dettagli, è chiaro quanto l’attenzione in ogni passaggio chiave faccia la differenza tra zafferano di qualità e polveri più o meno pure.
Per fare 1 grammo di zafferano in stimmi essiccati servono circa 150-180 fiori. A oggi, avendo imparato come avviene il procedimento, quante variabili incidono e quanto impegno costante e quotidiano ci sia nella raccolta e nella lavorazione, è anche più intuitivo avere chiara la motivazione per cui lo zafferano sia una delle spezie più preziose al mondo. Non solo a livello di costo, certo, ma soprattutto di valore intrinseco: si tratta a tutti gli effetti di un ingrediente di eccellenza che oggi in Italia abbiamo la fortuna di coltivare con successo e a livelli qualitativi di altissimo standard; ennesimo ingrediente del Bel Paese di cui andare fieri.
Grazie a Sandro Radesco di Zafferanossola per la chiacchierata e per avermi fatto scoprire un mondo che conoscevo solo in piccola parte, forse come la maggioranza delle persone: quella in cui, cucinando, prendo gli stimmi reidratati e li adagio dolcemente nel mio risotto preferito che cuoce profumando l’atmosfera di “casa”.