La produzione di miele – specialmente di montagna – nel 2024 è stata molto limitata. Chi compra il miele nella grande distribuzione avvertirà le conseguenze di una stagione produttiva più complicata del solito?
È ciò che mi sono chiesta parlando con alcuni professionisti del settore, con cui è emerso un dato allarmante: gli apicoltori registrano una produzione che, in alcuni casi, è meno della metà di quella realizzata nel 2023 e spesso, a causa della mancanza di fiori, hanno la necessità di nutrire le proprie api ad acqua e zucchero per poter farle sopravvivere in carenza di fioriture. Ho fatto, allora, un passo indietro cercando di capire meglio le cause di questa inversione di tendenza, nonché come – e se – una produzione ridotta vada a impattare sul consumatore finale.
Ho incontrato Davide Darioli di Apicoltura Cà d’ Maria – in Val Bognanco (VB) – che sposta le sue api a seconda delle fioriture nel territorio, dalla bassa Ossola ai 1800 m dell’alta Val Bognanco, a ridosso del confine con la vicina Svizzera, tra boschi, alpeggi, ruscelli e prati fioriti. Ne è venuta fuori una chiacchierata molto interessante su miele, produzione, api, territorio e aneddoti vari.
Così come sono emerse considerazioni interessanti. In primis, le condizioni climatiche influenzano in modo profondo la produzione di miele. Clima molto mutevole, piogge forti e improvvise tali da mettere a rischio il rientro delle api nelle arnie, fioriture in ritardo rispetto alla stagionalità o ridotte in quantità sono tra i fattori scatenanti della riduzione della produzione nel 2024, così come la mancanza di nutrimento naturale per le api stesse grava sulla salute delle famiglie. A questo si aggiungono cambiamenti interni alle stagioni: se nei mesi invernali le giornate si fanno tiepide, le api escono per impollinare pur non essendo ancora fisicamente abbastanza forti da sopportare il lavoro, rischiando così di indebolirsi o ammalarsi.
“La fioritura delle acacie in queste zone è stata pressoché nulla nel 2024: il miele di acacia di questa annata sarà difficile da trovare“.
davide darioli – apicoltura ca’ d’ maria
Così è venuto spontaneo chiedersi: se questo si percepisce dal produttore di territorio, si sentirà lo stesso impatto nella grande distribuzione, con una differenza tangibile di quantitativi rispetto all’anno scorso?
Per “esserci”, il rischio potrebbe essere forse lasciar entrare mieli provenienti dall’estero e da Paesi in cui l’attenzione ai dettagli – nella produzione e nella gestione del benessere delle api, così come dell’utilizzo di agenti chimici per evitare problematiche ai telai nelle arnie – non è così alta e così ben definita, anche per il benessere del consumatore, come in Italia.
C’è un modo, allora, per fermare queste “invasioni pacifiche” di prodotti sugli scaffali e sulle nostre tavole?
Sì, abbiamo una delle armi più potenti: la scelta.
Quanti prodotti negli ultimi decenni sono apparsi nella GDO (come proposte o plant-based) e quante altre sono sparite, solo perché noi consumatori abbiamo smesso gradualmente di comprarle? A pensarci, abbiamo un potere immenso ogni volta che facciamo una scelta in campo alimentare, soprattutto se riusciamo a farci guidare dalla consapevolezza e non solo dalla fretta, dallo sconto o dalla moda del momento. Sono convinta che, in fondo, siamo proprio noi consumatori a “dettare” ciò che domani resterà sul mercato o verrà eliminato.
Ecco perché se, come sosteneva Feuerbach, “siamo quello che mangiamo”, preferisco chiedermi sempre la provenienza e le modalità con cui vengono accudite e gestite le api e, da lì, fare scelte più consapevoli. Come?
Davide consiglia di leggere attentamente le etichette: meglio evitare un miele con dicitura “miscela di” e prediligere invece preferire quelli che non hanno subìto trattamenti termici e che provengono dall’Italia, invece che da Paesi UE/Non UE, per normative più stringenti sull’uso di agenti chimici o di modalità con cui vengono accudite arnie e api.
Il mio consiglio: appena si può, fare una gita nella natura e cerca i piccoli apicoltori, come Davide. Oltre ad avere garanzia di prodotto, si avrà anche maggiore scelta di varietà perché ogni zona geografica italiana ha i suoi fiori e le sue note aromatiche peculiari. Non è così che ne guadagnerebbero i piccoli produttori e ne guadagneremmo noi consumatori in salute e gusto?